La Lomellina è la nostra Mesopotamia, una terra di mezzo disegnata dalle acque: a nord la linea delle risorgive, a ovest il Sesia, a est il Ticino, a sud l’asta fluviale del Po. In mezzo, una distesa di rogge e canali irrigui che, a tarda primavera, allagano il piatto quadrilatero tanto da farlo sembrare un Mekong padano. O così almeno era fino a non molti anni fa. La siccità, che da qualche stagione asseta anche le nostre latitudini, e nuove tecniche di coltivazione del riso che privilegiano più economiche procedure “in asciutto”, fanno sì che purtroppo le risaie oggi siano un patrimonio paesaggistico a rischio di estinzione. La Lomellina storica, da quasi un millennio modellata prima dalle bonifiche degli ordini monastici e poi dall’oculata imprenditoria agricola dei Visconti e degli Sforza che introdussero dall’oriente la coltivazione del riso e l’allevamento del baco da seta, si sta omologando al più generico orizzonte padano di agricoltura intensiva. Questo paesaggio va salvato, ma, come per tutte le cose, per salvarlo bisogna prima conoscerlo, poi innamorarsene e infine provare a preservarlo con cognizione di causa e di sentimento. Il modo migliore per immergersi in questa particolare biosfera storico-culturale è percorrerla palmo a palmo alla velocità ideale di una bicicletta. Questi 194,9 km di traccia gravel, vi portano ad attraversare campi aperti e argini fluviali, boschi di pianura e golenali, a sostare sulle piazze alberate, sulle aie delle cascine monumentali, sui sagrati di pievi e abbazie millenarie, a entrare nelle corti dei castelli, nelle botteghe artigianali, a sedervi ai tavoli di una trattoria. E sono un invito a conoscere, a innamorarvi e, speriamo, a salvare l’inestimabile paesaggio della nostra Terra di Mezzo.
(Testo di Gino Cervi)
Ideazione di Ausilia Vistarini e Gino Cervi, progetto grafico Studio Nerò con:
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Pagina aggiornata il 20 aprile 2023